Una chiacchierata con le eccellenze del territorio

Vignaioli Testalonga: storia d’amore e di famiglia
“Nella botte piccola c’è il vino buono”: mai proverbio fu più azzeccato per raccontare la storia di Nino Perrino e sua nipote Erica. Due vitigni, Rossese e Vermentino di Dolceacqua (delizioso borgo nell’entroterra di Imperia) nella loro cantina Testalonga: poche botti - dietro le quali c’è un enorme lavoro - curate con lo stesso amore che si ha quando nasce un bambino, seguendolo passo dopo passo, con delicatezza e attenzione.

Meriggio d’agosto, strada assolata che, in moto, dal mare, dolcemente porta un po’ più su. Non a caso il suo nome è Dolceacqua, borgo medievale che resta subito nel cuore per quel ponte che si specchia nel Nervia, per le stradine, i bistrot, il Castello dei Doria. Lì, nel cuore più antico del paesino c’è una piccola cantina che ti conquista al primo sguardo, anzi, alla prima “annusata”. Profumo di mosto, di vendemmia e, soprattutto, d’amore. Ci accolgono con un grande sorriso Nino Perrino e la sua “nipotina” Erica. Ci offrono un “pastis” (l’aperitivo all’anice francese ma tipico anche in queste zone) e sembra di essere amici di vecchia data. Si parla di vino e di cucina, uno dei “segreti” di Nino è quello di mangiarsi una bella vellutata “con le verdure fresche, per esempio le nostre zucchine trombetta. Si digerisce subito e si dorme meglio”. Finito l’”aperò”, è il momento di assaggiare i due grandi tesori della cantina Testalonga, il Rossese e il Vermentino. “Il primo - spiega Erica - è un rosso con una bella spezia che si abbina ai piatti di pesce, è la prima DOC di Liguria del 1972. Il secondo invece è un bianco che Nino tratta come un rosso, con un procedimento davvero particolare.

Erica, un passato nel settore delle Lingue Orientali, ha deciso di intraprendere questo nuovo percorso da una decina d’anni, a fianco di Nino, un connubio familiare che unisce due generazioni, accomunate dalla stessa passione. “Andiamo d’amore e d’accordo, certo ci sono dei lavori più pesanti, ma arriviamo alla vendemmia sempre con grande entusiasmo”. Nino, che ha iniziato a fare questo lavoro a 15 anni (anche se fin da bambino sentiva il richiamo della campagna), tiene a sottolineare che “qui facciamo tutto a spalla, non ci sono i trattori, la vendemmia si fa a mano”. Sveglia prestissimo (all’alba) e si lavora dando estrema attenzione all’uva, che deve arrivare sanissima alla vendemmia. “Non è vero che è più semplice realizzare i vini naturali - spiega Erica - anzi, ci vuole molta più attenzione”. Dentro la cantina - ma anche sul loro sito - campeggia una scritta particolare, che è anche il loro motto: “L’alcool uccide lentamente….e noi non abbiamo fretta”. “La prima parte era una frase del 1936 sulle vecchie caserme militari? per fare in modo che i soldati non bevessero troppo - racconta Nino - ma finita la guerra, diventarono luoghi di ritrovo e di festa. Un giorno Dante, un bravissimo vignaiolo, purtroppo scomparso, prese un carboncino e aggiunse: “e noi non abbiamo fretta”.

Vesna Zujovic

SAN REMO